di Luca Marfé
Marco Pannella non c’è più. C’è un bisogno straordinario, però, della sua grinta, della sua tenacia, delle sue battaglie. In un’Italia in cui tutto sembra improvvisato sulla base della convenienza politica di una politica oramai priva di punti di riferimento, a prescindere dalle idee di ciascuno, Marco Pannella punto di riferimento lo sarebbe stato comunque. Con il suo modo di fare, di argomentare, di sorridere. Con le sue risposte.
La possibilità di immaginarle è tutto ciò che resta a tre anni dalla sua morte.
di Luca Marfé

Marco Pannella non c’è più. C’è un bisogno straordinario, però, della sua grinta, della sua tenacia, delle sue battaglie. In un’Italia in cui tutto sembra improvvisato sulla base della convenienza politica di una politica oramai priva di punti di riferimento, a prescindere dalle idee di ciascuno, Marco Pannella punto di riferimento lo sarebbe stato comunque. Con il suo modo di fare, di argomentare, di sorridere. Con le sue risposte.

La possibilità di immaginarle è tutto ciò che resta a tre anni dalla sua morte.

Immaginarle in un’intervista “impossibile” assieme a chi, con Marco, ha condiviso 15 anni di lavoro dentro e fuori dalle mura del Parlamento Europeo, 15 anni di sorrisi e di lacrime, 15 anni di vita, letteralmente fino all’ultimo istante concesso.

Matteo Angioli di anni ne ha 40.

È membro del Consiglio Generale del Partito Radicale Transnazionale ed è segretario del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”.

È lui che, ben consapevole del peso delle sue parole e ancor più consapevole della difficoltà di interpretare la proiezione del ricordo, prova a rispondere.

Prova a rispondere per lui.

D. Prima di ogni altra cosa, Marco Pannella era un idealista. Che giudizio darebbe di una politica che gli ideali sembra averli smarriti da un pezzo? Di un governo che assomiglia più a un agglomerato di comodo che non a una formazione fondata su delle idee e, appunto, su degli ideali?

Effettivamente Marco era un uomo di idee e di azione che al contempo diceva: «Non credo nelle ideologie. L’ideologia te la fai tu con quello che ti capita».

E infatti a guidarlo sono state le sue idee di libertà, di diritto e democrazia, ispirato da personaggi del calibro di Benedetto Croce, Ernesto Rossi, i fratelli Rosselli solo per citarne alcuni.

Non credo che questo governo ci ponga di fronte a qualcosa di nuovo. L’unico elemento di novità recente è stato il maldestro tentativo di applicare in ambito pubblico uno strumento di diritto privato come il “contratto”, che però non presentava le caratteristiche tipiche del contratto tra privati. Non vi erano meccanismi sanzionatori né alcuna forma di vincolatività. Purtroppo, in un Paese di fatto governato da sempre dal proporzionale, questi agglomerati sono all’ordine del giorno. Anzi in questo caso non ravviso niente di particolarmente inusuale rispetto al passato poiché è stato raggiunto un accordo tra la prima e la seconda forza politica prodotte dalle elezioni del marzo 2018.

D. Che idea si era fatto Marco Pannella del Movimento 5 Stelle? E che idea ne avrebbe oggi? Considerate le varie mutazioni e considerati, in particolare, i vari aggiustamenti istituzionali. Insomma, sono passati dai «vaffa» ad una “quasi Democrazia Cristiana” a guida Conte più che Di Maio.

Un movimento senza storia, senza riferimenti politico-culturali e nato essenzialmente dalla protesta piuttosto che dalla proposta, non ha futuro. È destinato a scomparire o a essere assorbito dal palazzo.

Ricordo che mentre il M5S stava affermandosi, Marco diceva a Grillo di stare attento perché senza dialogo si va a sbattere e si rischia di crepare politicamente e per questo chiedeva da una lato di lasciare libertà di espressione e di pensiero all’interno del Movimento, dall’altro di aprire un dialogo con lui.

Non è andata così e il risultato è sotto gli occhi di tutti: riposizionamenti continui e ulteriore consolidamento della prassi antidemocratica e anticostituzionale in cui coloro che dovrebbero fare della libertà di pensiero e parola i principali strumenti di lavoro, cioè i parlamentari, sono inibiti dal farlo perché contano solo i capi dei partiti.

D. E di questa sinistra cosa direbbe? Quella del Partito Democratico, intendo. Riuscirebbe a chiamarla sinistra?

Non avrebbe smesso di incalzarla affinché cominciasse a occuparsi davvero degli ultimi, in particolare gli ultimi dell’Africa e dell’Asia (intendendo quelli che continuano a vivere o sopravvivere in Africa e Asia!), forte del Manifesto Appello contro lo sterminio per fame e guerra nel mondo che lanciò nel 1979 o della sua amicizia con il Dalai Lama.

Ma in generale forse parlerebbe ancora di «capaci davvero di tutto» da una parte e «buoni a nulla dall’altra».

Oppure ripeterebbe che, con felici eccezioni individuali, non sono tutti uguali ma che sono «soci». Soci di maggioranza e minoranza di una società in cui tutti concordano sul fornire meno informazioni e meno dibattito possibili agli abitanti di questo Paese.

Ritengo illuminante quello che diceva sul valore della legge in Italia: per chi è al potere o nella pubblica amministrazione spesso essa ha valore ordinatorio, per il cittadino comune ha valore perentorio.

D. Il rapporto di Marco Pannella con l’erede Emma Bonino, prima fedele, poi di fatto per la sua strada. Che cosa le direbbe oggi? Qualche sassolino via dalle scarpe?

Penso che le abbia già detto tutto nel 2015 quando dichiarò pubblicamente che la “non-erede” da tempo non partecipava più alle iniziative del Partito né proponeva e difendeva una linea alternativa all’interno del Partito Radicale. Del resto divenne tutto chiaro già nel 2013 quando la “non-erede” rifiutò di dare il suo nome alla Lista Bonino-Pannella come avvenuto negli anni precedenti e come concordato negli ultimi mesi del 2012. Perciò Marco dovette inventarsi all’improvviso la lista “Aministia Giustizia e Libertà”. Venendo all’oggi, avrebbe certamente preso le distanze (per usare un eufemismo) dalla creazione di un soggetto politico, Più Europa, che a livello statutario prevede tra l’altro, il comitato di garanzia, le espulsioni e il finanziamento pubblico dei partiti, ovvero principi e strumenti ai quali si è sempre opposto.

D. Sul piano personale, invece: gli anni della sua malattia. Ha mai perso il sorriso? Quel sorriso che, in battaglie pur non condivise da tutti, ha scaldato il cuore di milioni e milioni di italiani?

Non ha perso né il sorriso né l’umorismo né la ricerca della provocazione feconda, intelligente. Marco aveva un inesauribile, inesorabile interesse per le persone. Voleva conoscere le storie, le abitudini, le idee della «gente» che amava. Credo sia stata questa la sua vera forza: l’interesse per le persone e l’amore per la vita e per la libertà. Lo testimoniano i tantissimi amici, conoscenti, alleati e avversari politici che nonostante la spossatezza ha voluto incontrare un’ultima volta negli ultimi 100 giorni della sua vita. Indimenticabile quando, due giorni prima che se ne andasse, in un momento di profondo sconforto, soprattutto mio, gli dissi che non sapevo far altro che piangere e lui mi rispose «anch’io, ma con felicità».

D. E per quali battaglie si scatenerebbe oggi? Quali sarebbero le emergenze del nostro tempo per Marco Pannella?

Negli ultimi anni, riprendendo un toscanismo a me caro (sono di Pistoia, città il cui ex sindaco firmò nel 2013 le nostre proposte referendarie su giustizia e diritti civili, battendo Renzi 12-0, perdona il campanilismo), Marco diceva che occorreva «principiare dai princìpi»; i princìpi che fondano la nostra Costituzione e democrazia rappresentativa. Continuerebbe sicuramente a battersi per l’amnistia, per una giustizia giusta e per carceri non inumane e rispettose della legalità costituzionale, ingredienti fondamentali per combattere la recidiva e garantire maggiore sicurezza. Naturalmente proseguirebbe l’impegno antiproibizionista. Difenderebbe al 100% la democrazia rappresentativa, che è democrazia parlamentare e probabilmente, data l’attualità ed essendo stato contro il taglio dei parlamentari, tornerebbe a promuovere una legge elettorale maggioritaria uninominale. C’è poi quella che in molti hanno definito la sua «ultima battaglia», per il diritto alla conoscenza, che in realtà ha costituito il fulcro della sua implacabile azione politica, cioè per un’informazione democratica, incarnata dal modello di Radio Radicale. Un servizio pubblico al servizio dei cittadini, libero dagli interessi partitici e in grado di avvicinare i cittadini alle istituzioni repubblicane. Parlando di istituzioni, diritto alla conoscenza si sostanzia anche nella funzione di controllo che il Parlamento deve esercitare sul governo. Per questo occorre un Parlamento i cui i regolamenti siano rispettati anziché cambiati a seconda delle convenienze, e in cui vi siano veri dibattiti di approfondimento e di confronto.

In questo senso sono certissimo che avrebbe apprezzato il discorso con cui il 9 settembre lo Speaker della Camera dei Comuni John Bercow ha annunciato le sue dimissioni, in particolare quando ha dichiarato: «(…) questo è un luogo meraviglioso, composto per la stragrande maggioranza da persone motivate dalla nozione di interesse nazionale, dalla percezione del bene pubblico e dal senso del dovere, non come delegati ma come rappresentanti, che ritengono di agire secondo ciò che giusto per il nostro Paese. Se degradiamo questo Parlamento, lo facciamo a nostro rischio e pericolo (…) Auguro al mio successore alla Presidenza tutto il meglio affinché, in qualità di Presidente della Camera dei Comuni, protegga i diritti di tutti i parlamentari individuali e il Parlamento come istituzione».

D. Prima di chiudere, la famosa domanda da un milione di dollari: quale consiglio Marco Pannella darebbe oggi ai giovani italiani? Quello amaro dell’andar via dall’Italia o quello orgoglioso di restare per cambiare le cose in meglio? Dura realtà o, ancora una volta, fino alla fine e oltre, fieri ideali di un idealista convinto?

Non credo che Marco abbia mai consigliato a nessuno di cambiare cielo, soprattutto se per disperazione. In qualsiasi circostanza, a qualsiasi persona, giovane, meno giovane, anziana, avrebbe detto di cercare di vivere secondo le proprie convinzioni e non convenienze. Questo potrebbe anche voler dire cambiare paese, certo, ma secondo un’ottica e una progettualità differente.

Misurerei il suo idealismo concreto riproponendo quel che disse al TG5 il giorno del suo ultimo compleanno, il 2 maggio 2016: «storicamente abbiamo già vinto».

Intendeva dire che l’arretramento democratico in l’Italia, in Europa e in buona parte del mondo dimostra che la lettura offerta e le iniziative intraprese nei decenni dal Partito Radicale di Marco Pannella erano e sono più che fondate.

D. Una frase per congedarci. Quella che lui amava di più. Una citazione, un ricordo, una speranza. Un qualcosa che lo racconti in una manciata di parole.

“Dove c’è strage di diritto prima o poi c’è strage di popoli”. Ah, e “L’amore è uno scandalo, come la libertà”.

E soprattutto, quando tutto sembra andare a rotoli e non sembra esserci via d’uscita, “spes contra spem”, essere, divenire speranza piuttosto che averne.

E Marco, speranza, lo è stato per una vita intera.

Speranza di un mondo più giusto.

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