di Luca Marfé
_NEW YORK – Atmosfere tese, posizioni lontanissime: via alla settimana del G20.
I grandi della Terra si danno appuntamento a Buenos Aires, in Argentina. E ci saranno proprio tutti: da Donald Trump a Vladimir Putin, da Xi Jinping ad Angela Merkel, da Giuseppe Conte al padrone di casa Mauricio Macri. 
La prima volta che il mondo si è riunito in questo formato risale esattamente a dieci anni fa. Nel 2008, la missione era di quelle impossibili o quasi: salvare l’economia mondiale dalla più grave crisi finanziaria degli ultimi 70 anni.

di Luca Marfé

_NEW YORK – Atmosfere tese, posizioni lontanissime: via alla settimana del G20.

I grandi della Terra si danno appuntamento a Buenos Aires, in Argentina. E ci saranno proprio tutti: da Donald Trump a Vladimir Putin, da Xi Jinping ad Angela Merkel, da Giuseppe Conte al padrone di casa Mauricio Macri. 

La prima volta che il mondo si è riunito in questo formato risale esattamente a dieci anni fa. Nel 2008, la missione era di quelle impossibili o quasi: salvare l’economia mondiale dalla più grave crisi finanziaria degli ultimi 70 anni. E, nonostante le diversità converse in una Washington che qualcuno per l’occasione ribattezzava Bretton Woods II (gli accordi di Bretton Woods risalgono al luglio 1944 e ridefiniscono, al termine della Seconda guerra mondiale, il sistema di gestione degli scambi monetari, ndr), i leader di allora ce l’hanno fatta.

Ora tocca ai nuovi e l’asticella della sfida è altrettanto alta. I temi sono due e le distanze rispetto ad allora appaiono addirittura accentuate: cambiamento climatico e commercio con l’estero.

I riflettori, neanche a dirlo, sono puntati su Donald Trump.

Proprio del doppio dossier al centro dell’agenda, infatti, il presidente americano ha fatto uno dei suoi tanti cavalli di battaglia di una politica interna ed estera in agitazione perenne. In particolare, il tycoon bolla il climate change come una gigantesca “fake news”, una sorta di invenzione degli scienziati di fede democratica, e blinda le frontiere degli scambi con dei dazi e con un isolazionismo che ricordano il peggio del secolo scorso. 

L’incontro-scontro più atteso, insomma, è quello con Xi e con una Cina cui, secondo The Donald, vengono concessi troppi sconti sul fronte dell’ambiente. Il “dragone” in effetti, a dispetto della sua corsa oramai ventennale, continua ad essere considerato un Paese in via di sviluppo e, nel frattempo, insiste col giocare sporco su un tasso di cambio irrealistico al punto da creare squilibri enormi cui Trump ha dichiarato guerra da prima ancora di insediarsi alla Casa Bianca.

Per concludere, nonostante le ombre del Russiagate e la nuova formazione di un Congresso che almeno in parte sogna l’impeachment, più che quella tra Trump e Putin, la stretta di mano più attesa è quella tra Trump e Xi.

A maggio era saltato l’accordo a 7. Tra qualche giorno, 30 novembre e 1º dicembre, in uno scenario assai cupo si cerca il miracolo a 20, il colpo di scena della diplomazia e dell’ottimismo.

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