di Emanuele Schibotto*

In India esisteva una università famosa in tutta l’Asia, fondata secoli prima dell’Università di Bologna e poi andata distrutta nel Medioevo. Ora, il Governo indiano ha deciso riportarla in vita. L’ennesimo esempio della ri-convergenza in atto in Asia.

Vedere il mondo solo attraverso il prisma dell’Occidente è un errore commesso di frequente, soprattutto in Italia. Quando mi iscrissi all’Università di Bologna appresi che l’Alma Mater Studiorum è la più antica università del mondo occidentale e pensai che – per naturale conseguenza delle cose – fosse anche la più antica del mondo.

Tanto forte e diffuso è l’eurocentrismo, sia in accademia che negli altri milieu sociali, da oscurare molti dei risultati politici, economici, sociali e culturali intrapresi dalle altre civiltà. Una miopia che è causa ancora oggi di un diffuso disinteresse nei confronti dell’Asia, la macro-regione con il maggior tasso di crescita del pianeta, e quindi di una perdita di opportunità economico-commerciali irripetibili.

Prima dell’ascesa planetaria del Vecchio Continente era l’Asia l’epicentro dell’economia mondiale, del progresso tecnologico e del sapere. L’università di Nalanda ne è un magnifico esempio. Fondata nel 427 nell’India Nord-Orientale, vicino ai confini meridionali col Nepal, era prevalentemente un centro di studi buddhisti dove tuttavia venivano studiate molte altre discipline tra cui medicina, matematica, astronomia, politica e studi militari. A livello architettonico, si trattava di un vero capolavoro: il campus comprendeva 8 plessi, 10 templi, aule dedicate alla meditazione, laghi e giardini, una biblioteca di nove piani, dormitori e alloggi che potevano ospitare fino a 10.000 studenti e 2.000 professori provenienti da tutta l’Asia – dal Giappone alla Turchia. Probabilmente, si trattò del primo polo universitario globale. Quando nel 1193 venne distrutta da un’incursione afgana, l’Università di Oxford era stata fondata da circa un secolo mentre l’Università di Cambridge sarebbe nata pochi anni dopo.

Nel 2006 il Parlamento indiano formalizzò la nascita della Nuova Nalanda sulla base della visione originaria, contando sul contributo di Cina, Singapore, Giappone e Thailandia e dei membri dell’East Asian Summit. Come riportato dalla BBC, il nuovo polo, sorto a 10 chilometri dal vecchio sito e costruito secondo i vecchi principi buddhisti, sarà operativo dall’anno prossimo con le prime due facoltà: Storia e Studi ambientali.

Ispiratore dell’iniziativa e presidente della nuova università è l’economista premio Nobel Amartya Sen, il quale aprì gli occhi agli occidentali con i suoi studi sull’origine della democrazia (“La democrazia degli altri”) e sul significato della globalizzazione (“Globalizzazione e libertà”).

Secondo Sen la ri-convergenza dell’Asia verso la sua storica rilevanza globale non può prescindere dalla riscoperta e dalla valorizzazione del suo sapere, sottolineando l’importanza della conoscenza per uno sviluppo economico sostenibile. Dichiara Sen: “Le genti del passato sarebbero entusiaste di imparare tutto quello che il mondo odierno può offrire, ma anche il passato ha alcuni grandi esempi di avanzamenti intellettuali che possono ispirarci, informarci e contribuire alla nostra rigenerazione accademica e sociale. Nalanda è uno di questi esempi straordinari.”

 

* Dottorando di ricerca in geopolitica economica presso l’Università Marconi e Coordinatore Editoriale del Centro Studi di Geopolitica e Relazioni Internazionali Equilibri.net. Co-autore del libro “Italia, potenza globale? Il ruolo internazionale dell’Italia oggi” (Fuoco Edizioni, 2012)

 

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