di Salvatore Sechi
Alle elezioni i sardi hanno celebrato un funerale di grande classe: il grillinicidio.
Un anno fa avevano gratificato i Cinque Stelle con il 42% dei consensi. Non c’era nulla di politico, cioè una scelta di futuro, un programma che unisse una comunità. Era semplicemente un investimento fiduciario nella promessa del reddito di cittadinanza, cioè la magia (in tutta evidenza fallace) di 780 Euro mensili.
Che cosa poteva fare se non arrendersi alla seduzione dell’ultima risorsa fantastica di un ceto allevato da un comico di professione una regione che ha le seguenti caratteristiche: una disoccupazione giovanile di circa il 50%, 
di Salvatore Sechi

Alle elezioni i sardi hanno celebrato un funerale di grande classe: il grillinicidio.

Un anno fa avevano gratificato i Cinque Stelle con il 42% dei consensi. Non c’era nulla di politico, cioè una scelta di futuro, un programma che unisse una comunità. Era semplicemente un investimento fiduciario nella promessa del reddito di cittadinanza, cioè la magia (in tutta evidenza fallace) di 780 Euro mensili.

Che cosa poteva fare se non arrendersi alla seduzione dell’ultima risorsa fantastica di un ceto allevato da un comico di professione una regione che ha le seguenti caratteristiche: una disoccupazione giovanile di circa il 50%, una produzione agropecuaria invenduta, un’economia e un mercato del lavoro spaccato alla peruviana (tra zona costiera e intero), braccata dall’emigrazione, con una burocrazia ottusa e arrogante (sia negli uffici regionali di Cagliari sia nei piccoli paesi) ecc.

Cinque Stelle è precipitato a circa il 9%. Anche poco dopo che il suo leader, il ministro del lavoro e dello sviluppo economico Luigi Di Maio, non aveva speso una parola sulla rivolta dei pastori sardi e si era limitato a una toccata e fuga in un hotel di Cagliari. A livello nazionale ha cumulato 4 sconfitte sonore, e in seno al governo rimastica impossibili ricette. Non ha uno straccio di cultura se non quello dell’abbattimento della democrazia parlamentare, e non conta nulla.

La Lega non sfonda. Strappa appena il 12%, come nelle politiche. Vince perché, com’era avvenuto in Abruzzo, resiste la coalizione di centro-destra, cioè l’alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia. I problemi che ne derivano sono stati illustrati da Alessandro Campi su questo sito.

Oggi i sardi hanno ritirato la delega straordinaria concessa a Di Maio e avviato la lunga notte dell’elaborazione del lutto.

Non c’è in tutto ciò né innovazione né speranza. E’ lo scenario triste di un grande fallimento. Mi riferisco al regime dell’autonomia speciale.

La sua fondazione richiedeva un ceto di governo di qualità e un grande progetto di cambiamento.

Ma l’esperienza dopo oltre mezzo secolo è stata negativa. I sardi sono impegnati ancora a contrattare una forma durevole di sudditanza. Per viaggiare da Cagliari, da Olbia e da Alghero a Roma, Milano, Torino debbono pagare somme che agli italiani delle altre regioni non si applicano. Né per i viaggi normali delle persone né per i traffici e lo spostamento delle merci.

Chi può investire, se non in operazioni mordi-e-fuggi o di rapina, con tanto mare e tanto cielo da solcare? Qual è la differenza tra il centralismo esercitato una volta da Roma e ora dalla burocrazia cagliaritana?

Le elezioni hanno delineato un fenomeno inatteso: il regresso verso il voto clientelare dei partiti di destra e di sinistra.

I due principali leaders (Christian Solinas e Massimo Zedda) hanno lucrato i consensi, nella misura del 50%, di liste personali.

Sono numerose e hanno cumulato i voti di reti di parenti, amici, dipendenti, collaboratori o portatori di interessi, cioè di micro-clan e cacicchi locali.

Di Maio per arginare il collasso del suo movimenti ha deciso di allinearsi a questa tattica. Sancisce così l’omologazione di Cinque Stelle ai vecchi partiti della Prima Repubblica, Il preannuncio è stato il sostegno dato alla pretesa di Salvini di non difendersi davanti ai magistrati, ma di cingersi del laticlavio dei senatori e delle medagliette dei deputati

In secondo luogo, una settimana fa Cinque Stelle ha ridato fiato all’azione eversiva di privilegiare la democrazia diretta contro la democrazia parlamentare. La débacle elettorale lastrica la strada a pulsioni di vera e propria sovversivismo istituzionale.

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