di Luca Marfé
Il lupo perde il pelo, ma non il missile.
A voler essere più precisi, stando a quanto dichiarato dai vertici della Difesa di Seul, i missili sono due, di ultima generazione, di corto raggio e rappresentano una «minaccia militare concreta».
Il lupo, neanche a dirlo, è Kim Jong-un.
Pyongyang, insomma, l’ha combinata grossa un’altra volta: due proiettili hanno sorvolato il Mar del Giappone in direzione est, percorrendo rispettivamente circa 450 e 700 chilometri.
di Luca Marfé

Il lupo perde il pelo, ma non il missile.

A voler essere più precisi, stando a quanto dichiarato dai vertici della Difesa di Seul, i missili sono due, di ultima generazione, di corto raggio e rappresentano una «minaccia militare concreta».

Il lupo, neanche a dirlo, è Kim Jong-un.

Pyongyang, insomma, l’ha combinata grossa un’altra volta: due proiettili hanno sorvolato il Mar del Giappone in direzione est, percorrendo rispettivamente circa 450 e 700 chilometri.

Un doppio volo fortunatamente privo di conseguenze concrete, ma che ha come conseguenza comunque enorme quella di far riesplodere la tensione in Oriente. In un fazzoletto di terra e mare in cui si incrociano gli interessi delle due Coree, dello stesso Giappone, naturalmente, ma anche e soprattutto di Stati Uniti, Cina e Russia.

Una sorta di centro nevralgico delle speranze e delle preoccupazioni internazionali che sembrava pendere più verso le prime, e cioè verso una definitiva distensione, dalla storica stretta di mano andata in scena tra Donald Trump e Kim Jong-un presso la DMZ, ovvero presso la zona demilitarizzata che corre lungo il 38esimo parallelo dal lontano 1953.

Era il 30 giugno scorso, era meno di un mese fa.

Foto di rito, sorrisi e persino un trattato di Pace che sembrava oramai essere dietro l’angolo.

E invece rieccolo il dittatore nordcoreano, con al séguito tutte le sue smanie di protagonismo, tutta la sua voglia di distinguere un Paese piccolo piccolo, così da renderlo grande tra i grandi.

Nonostante economia e società della Corea del Nord siano entrambe in ginocchio, scegliere la via della normalizzazione all’ultimo dei Kim non conviene.

Viceversa conviene il braccio di ferro con l’Occidente affinché Pyongyang e dintorni rappresentino a livello mondiale uno degli ultimi prestigiosi avamposti dell’antiamericanismo.

Le cose, dunque, non vanno esattamente per il verso che Trump immaginava.

Ragione per la quale i “falchi” repubblicani, capitanati dal solito consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, ricominciano a scalpitare per far saltare, assieme al tavolo della diplomazia, Kim e tutta la sua cupola.

Come?

Con un intervento militare.

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