di Alessandro Campi
Nasce oggi un nuova pubblicazione on line: “Leggere la politica”. Dedicata interamente alle recensioni librarie, essa è parte integrante del progetto scientifico-editoriale che fa capo al trimestrale “Rivista di Politica”.
Su quest’ ultima pubblicazione, sin dal primo numero, si è deciso di non ospitare segnalazioni librarie, recensioni o note critiche. Una scelta forse discutibile, dettata soprattutto da ragioni organizzative e redazionali. Ma anche dalla convinzione che relegare in fondo alla rivista cartacea,
di Alessandro Campi

Nasce oggi un nuova pubblicazione on line: “Leggere la politica”. Dedicata interamente alle recensioni librarie, essa è parte integrante del progetto scientifico-editoriale che fa capo al trimestrale “Rivista di Politica”.

Su quest’ ultima pubblicazione, sin dal primo numero, si è deciso di non ospitare segnalazioni librarie, recensioni o note critiche. Una scelta forse discutibile, dettata soprattutto da ragioni organizzative e redazionali. Ma anche dalla convinzione che relegare in fondo alla rivista cartacea, come spesso avviene, poche pagine di schede e segnalazioni non avesse molto senso.

La recensione/discussione di un libro, intesa nel suo significato migliore, è infatti un genere letterario a sé, con regole tutte sue di composizione, che per risultare efficace richiede, al tempo stesso, capacità analitica, vocazione alla sintesi e autonomia di giudizio.

Rappresenta inoltre lo strumento attraverso il quale, tradizionalmente, i giovani studiosi hanno sempre iniziato la loro pratica di scrittura: dal corpo a corpo intellettuale con un testo si possono meglio sviluppare le idee e i concetti, gli strumenti d’analisi e giudizio, che poi torneranno utili nell’attività di ricerca. Non a caso, i grandi studiosi erano, sino a un passato recente, oltre che lettori attenti e persino compulsivi, anche autori di recensioni che spesso, pur nella loro brevità, potevano valere un saggio o un lungo articolo. Nel contesto accademico odierno si è invece deciso che essa rientra tra i “prodotti della ricerca” che non ha senso valutare scientificamente: ragion per cui dedicare tempo alla ricognizione critica di un libro, nero su bianco, è magari un diletto personale, ma una perdita di tempo dal punto di vista della propria progressione accademica.

In realtà parliamo di una forma di scrittura che merita ancora oggi di essere valorizzata nella sua specificità, invece di essere considerata una sorta di sottoprodotto scientifico-editoriale o, peggio ancora, qualcosa di obosleto o di poco utile. Appunto quello che si intende fare con “Leggere la politica”.

Si dirà che le recensioni librarie sono in realtà un genere molto diffuso, persino inflazionato, soprattutto a livello di stampa quotidiana e settimanale. Peccato che a tirare le fila siano, in questo caso, quasi sempre gli uffici stampa delle case editrici, interessate non alla discussione critica dei testi che esse pubblicano, ma alla loro promozione e commercializzazione. Delle novità librarie (e dei loro autori), fateci caso, sulla stampa si parla sempre bene. Perché inimicarsi chi un giorno potrebbe ricambiare il favore? Così concepite le recensioni servono davvero a poco.

Servono invece molto se utilizzate come mezzo per mettere a confronto idee e prospettive critiche. Come strumento di discussione e dibattito sul piano intellettuale e scientifico. Come prezioso filtro critico per i potenziali lettori di un testo: essa, se ben intesa, indirizza e inquadra, valuta e giudica, suggerisce e stimola, informa e riassume. Serve dunque a chi pubblica un libro, a chi lo leggerà (magari perchè invogliato da essa) e, ovviamente, a chi lo legge e ne scrive.

Beninteso, sull’utilità di questa forma di scrittura così come sul suo progressivo declino (e dunque sulla necessità di rivitalizzarla) non c’è in realtà molto da dire che non sia già stato detto molte volte. Si rischia persino di essere banali e ripetitivi. Un famosissimo articolo di Elizabeth Hardwick, spesso ricordato e richiamato, apparso nel 1959 su “Harper’s Magazine”, si intitolava The Decline of Book Reviewing. Il problema evidentemente ancora ci accompagna, anche se negli ultimi tempi – grazie alla diffusione dell’editoria elettronica e delle testate on line – si è registrato un grande ritorno d’interesse per lo strumento delle recensioni librarie. Ci sono ormai molti siti, anche in Italia, che si occupano solo di libri e di tutti i possibili generi di scrittura.

“Leggere la politica” si inserisce in questa scia. La testata che abbiamo scelto ha intuitivamente un doppio significato, che in parte ne spiega la particoilarità  e forse l’unicità nel panorama editoriale e scientifico italiano odierno. Verranno recensiti libri e testi, italiani e stranieri, nuovissimi e recenti, che abbiano come oggetto d’attenzione e di studio l’universo politico nella sua più ampia e articolata accezione. Dal punto di vista disciplinare ciò significa muoversi tra storia (antica, moderna e contemporanea) e diritto costituzionale, relazioni internazionali e comunicazione politica, storia delle idee e geopolitica, filosofia politica e sociologia. E ciò in linea con la vocazione interdisciplinare che è stata sempre nelle corde degli studiosi che da ormai più di un decennio animano la “Rivista di Politica”.

Al tempo stesso, verranno segnalate e discusse tutte quelle opere che si ritiene possano risultare utili per meglio comprendere le dinamiche della politica, a partire da quella contemporanea: in questa chiave anche un romanzo o un saggio giornalistico potrà risultare meritevole di segnalazione e discussione.

Quanto al vantaggio di essere un pubblicazione in rete e non cartacea, esso si può riassumere in poche parole: velocità, reperibilità, visibilità, immediatezza. Non c’è da aspettare mesi per vedere pubblicata una recensione. La scrittura, come si addice alle pubblicazioni, on line non sarà prolissa e non porterà via molto tempo. Ogni scritto si potrà sempre rileggere a distanza di mesi e anni (grazie all’archiviazione eletronica e al motore di ricerca del sito: per autore e argomento). La rete, infine, favorisce una diffusione potenzialmente molto maggiore, in termini di lettori, rispetto a qualunque altra pubblicazione cartacea.

Cominceremo domani, con la prima recensione dedicata alla traduzione in italiano di un testo del 1902 di Herbert George Wells: The Discovery of the Future.

Ciò detto, buona lettura. In tutti i sensi.

 

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