di Giuseppe Farese

thIl mondo occidentale è attraversato da pulsioni e movimenti che rappresentano la reazione alla prolungata e lacerante crisi economica, al processo incontrollato di globalizzazione, all’avvento del terrorismo internazionale e alle ondate migratorie. L’insicurezza sociale ed economica, la rottura di valori e riferimenti tradizionali, la difficoltà di confrontarsi con la società multiculturale, generano un diffuso atteggiamento di chiusura che sfocia politicamente nel protezionismo economico, nel nazionalismo identitario e nel tentativo di rafforzare barriere e confini. Di suddetti sentimenti beneficiano i movimenti populisti e sovranisti che, da Trump a Marine Le Pen, passando per Grillo e Salvini in Italia, continuano a mietere consensi e ambiscono a diventare forza di governo. L’avvento dei movimenti anti-sistema segna, inevitabilmente, la crisi dei partiti tradizionali incapaci di fornire proposte politiche serie e di largo respiro rispetto alle problematiche che attanagliano la società europea. Una crisi politica profonda che investe, indistintamente, la destra e la sinistra che appaiono in difficoltà proprio sui temi e sui valori che ne rappresentano il bagaglio culturale e ideale di riferimento. La sinistra si mostra incapace, infatti, di interpretare ansie e paure delle classi sociali più deboli, dei numerosi nuovi poveri, dei disoccupati, di tutti coloro, insomma, che hanno subito maggiormente gli effetti della crisi economica.

La destra, al contempo, appare esitante rispetto a temi quali la legalità, l’etica pubblica, il richiamo ai valori, la difesa dell’identità nazionale. Sui sopra menzionati temi, sui quali sinistra e destra non riescono ad offrire risposte adeguate, si fanno strada i movimenti anti-sistema che offrono soluzioni false e immediate che non tengono in alcun conto i costi di lungo periodo che tali ricette comportano. In definitiva, tuttavia, la difesa dei più deboli, dei lavoratori più disagiati e il richiamo alla sovranità e all’identità nazionale, divengono, in modo assolutamente trasversale, appannaggio dei populisti. In Italia tale fronte è rappresentato dal M5S e dall’asse sovranista Salvini-Meloni. Questi ultimi, in particolare, portano su posizioni estreme e radicali la destra mediante il richiamo alla sovranità monetaria e il rifiuto dell’Unione Europea. In tal modo acuiscono ancor di più la crisi della destra liberale e conservatrice che in Italia continua ad essere silente ed assente seppur diffusa e radicata in ampi settori dell’elettorato e dell’opinione pubblica. E possibile, allora, e su quali temi, rilanciare una proposta politica di destra moderna ed europea nel nostro Paese? In che modo tale destra può contrastare l’avanzata dei populismi riportando nel proprio bacino elettorale il voto di protesta? Un tema può certamente essere quello della riscoperta dell’identità nazionale riconsiderata, naturalmente, in termini ben diversi rispetto all’utilizzo che ne fanno i populisti. Un’identità inclusiva, aperta che non sfoci nel nazionalismo identitario ma che sia di aiuto a risvegliare il sentimento nazionale attraverso un patriottismo mite e repubblicano. Il punto di partenza può essere l’articolo nove della nostra Carta Costituzionale laddove sancisce che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Prendendo spunto da tale articolo si può immaginare un grande progetto tricolore improntato alla sussidiarietà e teso a rafforzare l’appartenenza nazionale attraverso la tutela e la promozione dell’enorme patrimonio artistico, culturale e paesistico italiano. Un patriottismo culturale, questa la definizione da attribuire a questo grande piano nazionale, attraverso il quale riscoprire e ravvivare la storia, il costume, la coscienza delle origini laddove la storia d’Italia è fortemente segnata, al contrario, dal rifiuto della tradizione. Riscoprire e difendere, insomma, il patrimonio culturale, tutelarlo non solo in quanto risorsa economica, ma anche in quanto testimonianza e coscienza della propria storia, consente di fondare l’identità nazionale su un patriottismo culturale attivo e attuale, che non si esaurisca nell’esaltazione retorica o nel rimpianto di glorie passate. E quindi tutela e sviluppo di monumenti, opere d’arte, musei, archivi, teatri ma anche paesaggi e riserve naturali. Difesa dei centri storici italiani che sempre di più subiscono l’assalto di un turismo senza controllo e l’invasione di venditori abusivi pronti a vendere oggetti di ogni tipo. Infine conservazione dei luoghi attraverso i quali si trasmette e si acquista il sapere. Si pensi alle tante biblioteche storiche o alle piccole librerie indipendenti le cui innumerevoli chiusure negli ultimi anni fanno perdere ai centri storici italiani luoghi identitari di diffusione culturale. In tal senso si può ipotizzare una campagna per lo “slow book” che esalti le virtù della lettura tradizionale rispetto al consumo immediato delle librerie di catena e alla velocità del leggere digitale.

Si diceva di un grande piano nazionale che sia improntato alla sussidiarietà orizzontale e verticale. Sussidiarietà orizzontale con il coinvolgimento, nella tutela e promozione del patrimonio, di enti non profit, associazioni, piccole comunità di cittadini, giovani senza lavoro. In questa direzione operano già alcune fondazioni come il Fai o Napoli 99, attraverso l’adozione e la cura di monumenti e luoghi di interesse storico e culturale. In tal senso la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale diviene anche un modo per esercitare le virtù civiche, rafforzare il senso di appartenenza ad una comunità, rendere più solido lo Stato e le sue istituzioni. Istituzioni ed enti più prossimi alla comunità possono diventare, al contempo, attori protagonisti di sussidiarietà verticale in tema di tutela e sviluppo culturale. E’ il caso della Municipalità, ente più vicino ai cittadini, dove potrebbero nascere appositi uffici per la sussidiarietà culturale e paesistica nei quali far incontrare domanda e offerta di sussidiarietà. Nascerebbero, in tal modo, degli appositi registri con associazioni, fondazioni ed enti non profit interessati ad investire in tali settori. La gestione pubblica di un parco cittadino o di un piccolo sito di interesse culturale (una biblioteca, ad esempio) cederebbe il passo, gradualmente ed in maniera sussidiaria, ad un’associazione prescelta secondo criteri di affidabilità e competenza. Progetti limitati nel tempo al termine dei quali la mano pubblica valuterebbe la correttezza e la qualità della gestione sussidiaria decidendo, pertanto, per il rinnovo o meno dell’affidamento. Si tratta, in definitiva, di una serie di proposte improntate alla sussidiarietà inserite in una cornice di un grande piano nazionale per la cultura. Un patriottismo culturale che trovi concreta dimostrazione visiva e fattuale nel Museo della Storia Nazionale in cui raccontare la storia del Paese magari all’interno delle sale del Quirinale. Una proposta lanciata qualche anno fa da Andrea Carandini ed Ernesto Galli della Loggia sulle colonne del Corriere della Sera, ma che ad oggi non ha avuto alcun seguito. Una destra seria e moderna, che ha a cuore l’identità e l’interesse nazionale, ha il dovere di considerare il patriottismo culturale come uno dei capisaldi del suo agire politico.

 

 

 

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