di Valerio Acri
“La Modernità difende i diritti umani senza il bisogno di fondarli”, così lo storico francese Jacques Maritain sintetizzò la scelta dell’Occidente di fronte all’atavica difficoltà di coniugare legge e morale. Nel suo ultimo saggio – Diritti umani. L’età delle pretese, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2017, pp, 166,euro 16 -il professor Vittorio Possenti riflette su come, nel complicato processo storico di inquadramento dei diritti all’interno dell’ordinamento giuridico, la cultura (post-)moderna abbia dunque finito per concedere la supremazia all’unico Assoluto che riconosce: la libertà.
Possentidi Valerio Acri

“La Modernità difende i diritti umani senza il bisogno di fondarli”, così lo storico francese Jacques Maritain sintetizzò la scelta dell’Occidente di fronte all’atavica difficoltà di coniugare legge e morale. Nel suo ultimo saggio – Diritti umani. L’età delle pretese, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2017, pp, 166,euro 16 -il professor Vittorio Possenti riflette su come, nel complicato processo storico di inquadramento dei diritti all’interno dell’ordinamento giuridico, la cultura (post-)moderna abbia dunque finito per concedere la supremazia all’unico Assoluto che riconosce: la libertà.

Dalla Dichiarazione Universale dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 1948 fino al primo trattato costituzionale europeo del 2000, il rispetto dei diritti umani è stato il vessillo innalzato dall’Occidente per richiamare l’idea illuminista di norme ideate razionalmente e scientificamente e al contempo oggettivare la civiltà del Progresso. L’enunciazione di princìpi contenuta nel preambolo e nell’articolo I-2 della proposta costituzionale europea – mai adottata e miseramente fallita – ricalcava sostanzialmente la Dichiarazione del ’48, accolta in qualche forma da tutti i Paesi e i continenti, aggiungendovi le convenzioni a tutela delle minoranze e dei diritti dell’infanzia. Una maniera intelligente di ricevere l’eredità giudaico-cristiana dell’Europa senza però trasgredire al postulato d’indifferenza dello Stato verso il fatto religioso, che nell’azione pratica porta il legislatore ad attenersi rigorosamente al criterio dell’etsi Deus non daretur, secondo il pensiero di Ugo Grozio. In questo senso, l’istanza politica legislatrice non annovera la necessità di una giustificazione dei diritti, bensì solamente quella di proteggerli e garantirli.

L’ha sempre pensata così anche Norberto Bobbio, citato a più riprese dall’autore per allargare la veduta sul fondamentale tema dell’adeguata salvaguardia dei diritti e arrivare alla conclusione che è essa stessa a richiedere l’affermazione di un loro fondamento. Scegliendo di rinunciarvi a ricercarlo, la cultura secolarizzata sembra ritrovarsi intrappolata dentro l’interrogativo sul quanto sia utile e giusto assistere i valori con prescrizioni legislative e quanto essi possano invece vivere ed essere tutelati semplicemente nella coscienza individuale. Un imbarazzo che si rivela in tutta la sua drammatica evidenza quando ci si scontra con l’impossibilità di lasciare alla totale libertà degli individui la gestione del vivere insieme e implicitamente i diritti umani o, cristianamente parlando, la dignità umana, si pongono davanti a noi come valori che precedono qualsiasi giurisdizione statale. Certamente quest’ultima ammissione è facile quando si tratta del comando “non uccidere”, che evidentemente non può essere affidato alla sola coscienza, difficile quando si tratta dell’aborto che, se viene confuso per valore, rende ingannevole l’articolo 2 della Costituzione Italiana, nel quale il diritto alla vita è sancito come inviolabile.

POSSENTI-V._-Diritti-umani-Letà-delle-pretese_-2017-Rubbettino-copPer Possenti l’opzione dominante oggi è quella dell’autodeterminazione, in nome della quale i diritti aprono le porte alle pretese e viene recisa ogni correlazione con i doveri. Esemplificativa in questo senso la sentenza n. 162/2014 della Corte Costituzionale che parla di diritto al figlio sdoganando la fecondazione eterologa e accordando al fornitore alcuna responsabilità nei confronti del nascituro. In questo senso, davanti all’impossibilità di un riconoscimento universale dell’esistenza di valori di ordine superiore perché non creati dal legislatore, né conferiti ai cittadini ma esistenti per diritto proprio, la sfida da vincere potrebbe quantomeno essere quella di restituire all’idea di dignità una centralità che non può avere come mero assioma verbale.

Coniati dal linguaggio laico per non soccombere all’agnosticismo morale, i diritti umani rimangono un tema controverso di fronte al quale, secondo Possenti, non bastano le intese pratiche ma urge, da ultimo, recuperare un approccio filosofico-antropologico che, seguendo Habermas, consenta ai cittadini credenti il diritto di arricchire religiosamente la discussione politica e alla cultura secolare di riscoprire sensibilità dimenticate.

 

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