di Alessandro Campi
Chi si ricorda, ai giorni nostri e soprattutto tra i più giovani, del fatto che l’Italia – stando alla sua iconografia ufficiale – è una bella e prospera signora e dunque, non foss’altro che per buona educazione, andrebbe sempre trattata col massimo del rispetto e del garbo?
Una donna elegante e piena di fascino, rimasta eternamente giovane e piacente da quando per la prima volta Cesare Ripa (1560-1645), nella sua Iconologia (1603),
di Alessandro Campi

Chi si ricorda, ai giorni nostri e soprattutto tra i più giovani, del fatto che l’Italia – stando alla sua iconografia ufficiale – è una bella e prospera signora e dunque, non foss’altro che per buona educazione, andrebbe sempre trattata col massimo del rispetto e del garbo?

Una donna elegante e piena di fascino, rimasta eternamente giovane e piacente da quando per la prima volta Cesare Ripa (1560-1645), nella sua Iconologia (1603), ebbe l’idea di stilizzarla sontuosamente vestita, per indicare una terra ricca d’arte e natura, con la testa coronata sulla quale brillava una stella, e con addosso i contrassegni della prosperità e della regalità.

C’era già, in quest’immagine che Ripa ricavava dall’antichità classica (a partire dalla dea Tyche che per i Greci simboleggiava la fortuna e la floridezza), tutto ciò che l’Italia da allora in avanti ha sempre rappresentato a livello di immaginario popolare, anche per chi ad essa ha guardato e continua a guardare da oltre i suoi confini geografici e politici.

Le torri e le muraglie come ornamento sulla testa indicavano “Città, Terre, Castelli e Ville”: quel pluralismo di territori, borghi e comunità locali, oggi più prosaicamente le sue 20 Regioni, le sue 107 Province e i suoi 7904 Comuni (secondo il dato aggiornato al 16 maggio 2020), che nemmeno una volta raggiunta l’unità nazionale si è riusciti – nel giudizio di molti – a ricomporre all’interno di un tessuto istituzionale organico e funzionale. La cornucopia richiamava la fertilità del suolo e l’abbondanza dei prodotti naturali: per estensione essa ha finito per indicare lo spirito inventivo e la creatività degli italiani, la vitalità e vivacità del loro tessuto sociale e relazionale, segnato da una grande ricchezza di passioni ed emozioni.

Lo scettro, più che un primato militare o un’ambizione di potenza che l’Italia non è mai stata in grado di esercitare a dispetto del mito marziale di Roma rimasto vivo nei secoli, soprattutto nella cultura o mentalità dei suoi gruppi dirigenti, richiamava invece il suo imperio sul mondo pacificamente esercitato attraverso le lettere e le arti, attraverso ora la “persuasione” ora la “retorica”. La stella radiosa sul capo, infine, era la buona sorte di un territorio baciato da un clima mite e salubre: ma per estensione lo ‘stellone’ è diventato il simbolo protettivo e provvidenziale, forse sin troppo autoconsolatorio, di una nazione che nella percezione comune riesce sempre a cavarsela, capace con le sue sole forze di superare ogni avversità.

Una donna che nel corso della storia ha assunto fattezze molto diverse, secondo le contingenze e necessità storiche. È stata una madre amorevole e protettiva; una vedova o madre piangente quando dopo le guerre c’era da simboleggiare il dolore di un’intera comunità per i suoi morti; un’amazzone combattente quando bisognava chiamare gli italiani alle armi;  una bambina irriverente per indicare una nazione da poco nata che lotta per vedersi riconosciuto il proprio posto all’interno di un consesso mondiale popolato da vecchi marpioni; una ragazza piena di vita, radiosa e con lo sguardo rivolto al futuro tutte le volte che l’Italia si è dovuta rimboccare le maniche o ha cambiato politicamente pelle; una sorella che, all’epoca delle lotte irredentiste, bramava per ricongiungersi con le terre ancora sotto il giogo straniero (Trento, Trieste, Gorizia, sorelle minori di Italia) o che, all’epoca di quelle risorgimentali, avanzava pugnace contro l’invasore austriaco avendo al fianco Marianne-Francia, sua sorella maggiore e simbolo per eccellenza della libertà rivoluzionaria.

Un campionario davvero complesso di significati simbolici – a misura delle diverse fasi storiche che hanno scandito la storia d’Italia – per orientarsi nei quali giunge ora il bel volume miscellaneo – riccamente illustrato – curato dallo storico Giovanni Belardelli intitolato Italia immaginata. Iconografia della nazione dall’antichità ad oggi (Marsilio, Venezia, 2020, pp. 304), dove appunto si trovano ordinate, riassunte e interpretate, soprattutto con riferimento al periodo post-unitario, le molteplici immagini-rappresentazioni che sono state date dell’Italia. Comprese quelle più recenti, che la vedono ahimé come una donna ormai stanca o malata, senza forze, impaurita, piegata dagli acciacchi.

La “bella signora” immaginata da Ripa sembra inesorabilmente invecchiata. Ma forse sono soltanto invecchiati gli italiani, che nemmeno si ricordano più di quando erano pieni di energie e con lo sguardo tutto rivolto al futuro.

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