di Silvio Minnetti
 
R. D’Alimonte, G. Mammarella, L’Italia della svolta. 2011-2021, il Mulino, Bologna, 2021, pp. 232
Il libro di Roberto D’Alimonte, politologo della Luiss (nella foto, in basso), e Giuseppe Mammarella, professore emerito della Stanford University, copre dieci anni della nostra storia recente, il periodo 2011-2021. Si tratta del secondo decennio del Duemila, che registra una “svolta” con la crisi della cosiddetta Seconda Repubblica,
di Silvio Minnetti

 

R. D’Alimonte, G. Mammarella, L’Italia della svolta. 2011-2021, il Mulino, Bologna, 2021, pp. 232

Il libro di Roberto D’Alimonte, politologo della Luiss (nella foto, in basso), e Giuseppe Mammarella, professore emerito della Stanford University, copre dieci anni della nostra storia recente, il periodo 2011-2021. Si tratta del secondo decennio del Duemila, che registra una “svolta” con la crisi della cosiddetta Seconda Repubblica, fondata sul bipolarismo. Si va dal Governo Monti (novembre 2011) al Governo Draghi (febbraio 2021).

Sono due governi affidati ad economisti in situazioni di emergenza, vista l’incapacità della politica di trovare maggioranze coerenti e stabili in un quadro di declino economico e di elevato debito pubblico. Debolezza della politica e nodi strutturali dell’economia sono strettamente collegati. Basta considerare che in dieci anni abbiamo avuto sette governi e sei Presidenti del Consiglio. In Germania invece abbiamo visto un solo Cancelliere con tre Governi, in Francia tre Presidenti della Repubblica. La durata media di diciassette mesi degli Esecutivi manifesta l’inadeguatezza del nostro sistema politico rispetto alle sfide epocali in corso. Sessantaquattro governi in settantatré anni ci dicono quanto sia urgente una riforma strutturale del nostro ordinamento. I più duraturi sono stati quelli di Craxi, Berlusconi, Renzi, caratterizzati dalla ” ideologia del fare” (Ilvo Diamanti), ma anche questi non sono stati in grado di realizzare un compiuto processo riformatore. Gli altri non hanno avuto neppure il tempo di impostarlo.

L’alternanza realizzata nella Seconda Repubblica non ha assicurato stabilità e governabilità. Ne deriva anche una scarsa incidenza nelle politiche dell’UE, vista la rapida permanenza al potere. Questo è il risultato di un impianto che vede con diffidenza l’emergere di un capo partito senza pesi e contrappesi. La sfiducia, la frammentazione e la litigiosità tra partiti deboli producono governi brevi senza respiro progettuale. La dispersione del potere tra più organi determina l’incapacità di intervento sui problemi nel medio periodo. Da qui l’intangibilità di rendite e privilegi corporativi. I due Autori affermano con chiarezza che siamo al collasso del sistema politico. Sono inevitabili le riforme del potere esecutivo, della legge elettorale, del Titolo V della Costituzione, visti i difficili rapporti tra Stato e Regioni, evidenziati dalla pandemia. L’obiettivo è la governabilità del sistema. La riforma elettorale non è una bacchetta magica ma può favorire questo processo. Le ultime innovazioni non hanno funzionato. La legge in vigore non elimina il proliferare delle liste, non garantisce maggioranze coese e certe. ” Per un governo migliore occorrono regole migliori delle attuali che incentivino la stabilità e la responsabilizzazione di chi governa. Occorrerebbe anche una diversa cultura della classe politica.” (p. 15).

È urgente consentire di formare governi in grado di programmare il futuro. Esistono già contrappesi per evitare rischi autoritari. Gli elettori poi devono poter esprimere un giudizio sul lavoro effettivamente svolto da chi governa.Il libro spiega la rivoluzione mancata del berlusconismo con l’inevitabile interludio del governo Monti. Le elezioni del 2013 mettono in crisi il bipolarismo con l’affermazione del Movimento 5 stelle. D’Alimonte e Mammarella parlano di una svolta successiva con il fallimento di Bersani, la rielezione di Napolitano, il governo Letta come politico di nuova generazione, l’irrompere sulla scena di Renzi, il rottamatore. Si realizzano alcune riforme ma legge elettorale Italicum e revisione della Costituzione vengono bocciate. Inizia la diaspora della sinistra e dopo l’intermezzo del governo Gentiloni, si arriva alle elezioni del 2018. Vincono M5 stelle e Lega, perdono PD e Forza Italia ed inizia la legislatura, più pazza di sempre, con il Governo giallo-verde, poi giallo-rosso, fino ad approdare al Governo Draghi, di emergenza o unità nazionale. I populisti arrivano al governo ma la crisi del Conte II porta l’ex Presidente della Banca centrale europea a Palazzo Chigi.
A quali conclusioni provvisorie pervengono i nostri due Autori?

Innanzitutto, con le elezioni amministrative dell’autunno 2021, sembra profilarsi il ritorno al bipolarismo della Seconda Repubblica. Il sistema dei partiti sta cercando infatti un nuovo equilibrio. Vedremo meglio dopo la fine della pandemia ed il probabile ritorno a regole di bilancio più rigorose dell’UE. Sono diverse inoltre le forze politiche che puntano ad una ricostruzione del centro, per un diverso assetto del sistema partitico. Le elezioni del 2023 ci daranno la risposta dopo la fase neocentrista di Draghi. A questa sembra opporsi la CGIL con lo sciopero generale del 16 dicembre, cui consegue una rottura con la Cisl. La caduta della partecipazione al voto attesta “il logoramento della centralità che la politica aveva mantenuto nella nostra società dopo la Seconda guerra mondiale“. (p.215)? La crisi dei partiti e la crescita dell’astensionismo dopo Tangentopoli, certificano la disaffezione verso la politica dei partiti. Nasce invece una nuova forma di impegno sociale e civile nel Terzo settore con sei milioni di cittadini attivi. Il decennio trascorso registra l ‘affermazione di partiti catalogati come populisti, M5S, Lega, FdI. Bisogna vedere la loro evoluzione attuale in Italia ed in Europa dopo gli ultimi esecutivi. La scomparsa dei partiti tradizionali, la conseguente scarsa educazione alla politica, la crescente disaffezione degli elettori ci manifestano “l’incapacità dell’establishment politico di cogliere le modalità espressive della modernità ” (p. 216), oltre la retorica e la demagogia.

Altro aspetto da considerare è l’insufficienza dello sguardo sul futuro, coinvolgendo i giovani, attardandosi invece sulla frattura del passato, fascismo/ antifascismo. La crisi italiana rischia di riesplodere nel 2023, dopo la guida autorevole di Draghi. Il sistema deve trovare la capacità di far fronte a riforme strutturali condivise, per i prossimi venti anni almeno.  “Alla legislatura che uscirà dalle elezioni del 2023, ridotta nel numero dei suoi componenti e forse migliorata nella qualità degli eletti, dovrebbe essere affidato il compito di una profonda trasformazione della seconda parte della Costituzione, allo scopo di garantire quella stabilità dell’azione di governo, la cui mancanza è una delle riconosciute debolezze del nostro sistema politico“. (p. 217). Per affrontare questioni epocali come la crisi climatica, la difesa della salute, la riduzione  delle disuguaglianze, la  riconversione  dell’industria alle nuove tecnologie, un nuovo ordine geopolitico dopo la guerra tra Russia e Ucraina, sono necessari governi di legislatura e non che cambiano ogni dodici mesi o poco più.

In conclusione, un libro interessante per cercare di capire dove sta andando il nostro  Paese e soprattutto quali cambiamenti deve fare, sia per la legge elettorale, sia per la riforma Costituzionale  condivisa da un’ampia maggioranza,  per non ricadere nelle situazioni politiche del 2013 e del 2018. Solo in tal modo si potrà parlare di una “svolta” ormai improcrastinabile.

Coordinatore Alfa-Terzo Settore, collaboratore Citesec-Unimc

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