di Stefano De Luca

Il nostro Machiavelli probabilmente se la sta proprio godendo. Non solo e non tanto per le innumerevoli iniziative volte a celebrare i 500 anni del suo Principe (l’uomo è asciutto, allergico alle parole «ampullose»), quanto perché proprio in occasione di questa ricorrenza può constatare come la scena politica italiana sia largamente dominata da due politici che corrispondono in modo quasi perfetto ai due ‘tipi psicologici’ delineati nella sua opera: il politico «rispettivo» e quello «impetuoso». L’uno, scrive Machiavelli, procede con «rispetto», ossia con cautela, «l’altro con impeto», «l’uno per violenzia, l’altro con arte» (cioè con astuzia), «l’uno con pazienza, l’altro no». Difficile non pensare come questa rappresentazione si attagli più che bene alla coppia Letta/Renzi: oltretutto, vengono entrambi dei territori della Repubblica di Machiavelli (e già allora tra Firenze e Pisa i rapporti non erano facili..).

Renzi, l’impetuoso, affronta le cose di petto: ha lanciato la parola d’ordine della rottamazione del vecchio personale Pci-Pds-Ds, parla un linguaggio schietto e a volte aggressivo, non gira intorno alle cose, ha sempre la battuta pronta, non ha timore di esporsi e di farsi nemici, è convinto che l’Italia abbia bisogno di una terapia d’urto. Letta, il rispettivo, affronta le cose con cautela e ponderazione: misura sempre le parole, cerca (fin quando può) il dialogo, evita le battute (tranne quelle ‘buone’), è convinto che l’Italia abbia bisogno di una terapia lunga e soprattutto graduale. Anche anagraficamente i due corrispondono alla tipologia machiavelliana: l’impetuoso è giovane (e, per certi aspetti, giovanilista), il rispettivo meno.

E poiché entrambi incarnano una versione di qualità del loro tipo (Letta è dotato di nervi d’acciaio, pazienza infinita, perizia tecnica; Renzi di coraggio, visione, risolutezza), sembrerebbe che il Pd disponga di ottime carte per vincere le prossime battaglie. Sempre per Machiavelli, infatti, il requisito fondamentale del politico sta nel sapersi adattare alla «qualità de’ tempi», ossia alle circostanze, che in politica sono come il mare e il vento per la navigazione. Il problema è che i politici, come tutti gli esseri umani, non possono cambiare il loro carattere: essi rimangono impetuosi, anche in tempi che richiederebbero cautela e circospezione, oppure rispettivi, quando le circostanze richiederebbero invece decisioni drastiche e celeri. Ma poiché il Pd dispone di entrambi i ‘caratteri’ sembrerebbe avere un obiettivo vantaggio sui suoi avversari.

Il problema decisivo diventa allora quello, per il Pd, di comprendere la qualità del nostro tempo, in altre parole di formulare la diagnosi giusta per l’Italia. Abbiamo bisogno di una strategia rispettiva o di una impetuosa? Dobbiamo procedere passo dopo passo, come invita a fare il rispettivo Letta, o dobbiamo dare un forte colpo d’acceleratore, come suggerisce l’impetuoso Renzi? La prima strategia si fonda sulla convinzione che l’Italia sia un paese troppo complesso, troppo litigioso e troppo debole per sopportare una terapia d’urto. La seconda ritiene invece che la salute del Paese sia talmente deteriorata da richiedere interventi radicali, con i costi che inevitabilmente questi comportano (almeno sul breve periodo). La prima strategia presuppone una visione più realistica (o forse più pessimistica) del Paese, dei suoi attori, della forza degli interessi consolidati; la seconda confida in uno scatto di volontà, nella capacità degli italiani, al di là degli schieramenti tradizionali, di dare il meglio di sé nelle situazioni di emergenza. Che direbbe Machiavelli? Con tutta probabilità, opterebbe per la seconda strategia, confidando nell’energia del giovane impetuoso per ‘sottomettere’ le circostanze avverse. Ma il suo amico Guicciardini, con altrettanta probabilità, non sarebbe d’accordo e raccomanderebbe cautela e «rispetto».

 

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