di Riccardo Cavallo
 
Norberto Bobbio, Mutamento politico e rivoluzione, Donzelli, Roma, 2021, pp. 565
Sono passati oltre quarant’anni da quando Norberto Bobbio, all’epoca docente di Filosofia politica, in aula gremita all’inverosimile (oltre agli studenti, erano presenti, altri docenti o allievi di Bobbio, o addirittura, semplici cittadini) teneva il suo ultimo corso presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo torinese. Tali lezioni, registrate e trascritte, già nel 1979 da tre allievi,
di Riccardo Cavallo

 

Norberto Bobbio, Mutamento politico e rivoluzione, Donzelli, Roma, 2021, pp. 565

Sono passati oltre quarant’anni da quando Norberto Bobbio, all’epoca docente di Filosofia politica, in aula gremita all’inverosimile (oltre agli studenti, erano presenti, altri docenti o allievi di Bobbio, o addirittura, semplici cittadini) teneva il suo ultimo corso presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo torinese. Tali lezioni, registrate e trascritte, già nel 1979 da tre allievi, laureatisi con lo stesso Bobbio (Laura Coragliotto, Luigina Merlo Pich e Edoardo Bellando) sono state ora pubblicate, con il titolo scelto proprio da Bobbio e con una prefazione dell’allievo e allora assistente Michelangelo Bovero, più volte, prezioso interlocutore del maestro durante l’intera durata del corso. In particolare, i curatori hanno ripreso il lavoro di sistemazione dei testi, attingendo anche agli appunti dello stesso giurista-filosofo torinese conservati nell’Archivio Norberto Bobbio ubicato presso il Centro Studi Piero Gobetti di Torino.

L’argomento scelto era, non a caso, un tema antico ma sempre attuale, soprattutto in un periodo carico di tensioni come gli anni Settanta del Novecento: la rivoluzione. Quest’ultimo lemma foriero di speranza, ma anche pregno di timori, era al centro del dibattito politico-intellettuale di ogni ordine e grado: dalle più blasonate lectiones accademiche fino alle più accese discussioni tra appassionati studenti che si infiammavano facilmente al suono di questa magica parola. Nell’analizzare il tema del mutamento, malgrado tenda a sottolineare, in più occasioni, la continua tensione tra riforme e rivoluzione e soprattutto che, spesso, la rivoluzione sia “resa necessaria dal fallimento delle riforme”, Bobbio (in basso, nella foto) rimane tenacemente fedele al suo riformismo, nel senso che, ai suoi occhi, nessun mutamento storico avviene di colpo e in forma violenta, ma si realizza nel corso del tempo gradualmente. Il riformismo radicale di Bobbio e la sua continua polemica contro gli estremisti di ogni sorta che usano metodi violenti emerge, come non mai, dalle pieghe di queste pagine finora inedite. Emblematica in tal senso, l’ultima lezione, tenuta il 16 maggio 1979, forse quella più significativa, dove Bobbio, oltre a ricollegarla idealmente alla sua prima lezione di Filosofia del diritto tenuta nell’ormai lontano dicembre 1935, in un piccola stanza in stile rococò della vecchia Università di Camerino, esprime il suo punto di vista sui grandi dilemmi del mutamento politico e, si congeda dall’insegnamento, con le parole del riformista Karl Popper pronunciate in risposta al rivoluzionario Herbert Marcuse: “la violenza genera sempre maggiore violenza. E le rivoluzioni violente uccidono i rivoluzionari e corrompono i loro ideali” (p. 539).

Ma veniamo ai contenuti del volume. Esso si presenta strutturato in due parti: nella prima, in cui sono trascritte le lezioni di taglio prevalentemente storico-filosofico (lezioni 1-44), Bobbio, come sempre, interroga criticamente i classici del pensiero politico-giuridico, a cominciare da Platone e, in particolare, dopo aver indugiato, a più riprese, sul libro V della Politica di Aristotele, passa alla disamina degli scritti di Bodin, il cui intento, nonostante fosse quello di porsi in antitesi ai pedissequi seguaci moderni di Aristotele, finisce inevitabilmente col trovarsi concorde con molti aspetti del pensiero dello Stagirita. Bobbio sottolinea altresì i nessi stringenti tra rivoluzione politica e rivoluzione filosofica nella riflessione di Hegel e, infine, non manca di cimentarsi con le molteplici declinazioni della teoria marxiana della rivoluzione; nella seconda parte, invece, di carattere teorico (lezioni 45-53), il filosofo torinese cerca di costruire con metodo analitico una vera e propria “teoria generale della rivoluzione”, non prima di essersi soffermato sulle tesi sostenute dall’epistemologo Thomas Kuhn nel suo La struttura delle rivoluzioni scientifiche, che cerca di applicare, attirandosi non poche critiche, il concetto di rivoluzione sociale e politica alla storia della scienza.

Le riflessioni teoriche di Bobbio si intersecano, in alcuni casi, con la contingenza storico-politica e, in particolare, con il rapimento e soprattutto con l’uccisione di Aldo Moro. Qualche giorno dopo, alla prima lezione utile, emotivamente colpito dalla tragica notizia, Bobbio legge una famosa pagina del saggio di Max Weber Politik als Beruf e – come ricorda lo stesso Bovero – nell’introduzione “quella volta, non ne seguì una discussione in aula. L’atmosfera era raggelata. Dopo un lungo silenzio, Bobbio disse: Anche noi, continuiamo” (p. XVIII). L’insegnamento weberiano, vero e proprio Leitmotiv del volume, ritorna anche nelle ultime pagine, laddove Bobbio non manca di ricordare che il suo magistero si è svolto sempre in ossequio “al principio weberiano della scienza come professione e vocazione, Wissenschaft als Beruf, vale a dire che, anche se ciascuno di noi ha le sue opinioni politiche, le sue ideologie, quando parla dalla cattedra è meglio che le tenga fuori” (p. 538). Anche se, tale principio viene da Bobbio talvolta sacrificato a vantaggio di scelte politiche di per sé aprioristicamente definite e in linea con il suo credo ideologico.

Riccardo Cavallo è ricercatore di Filosofia del diritto e docente di Legal Theory presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania.

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